lunedì 25 marzo 2013


BERLUSCONI: «SÌ A BERSANI PREMIER MA CON ALFANO VICEPREMIER»

Un governo con Bersani premier e Alfano vicepremier. Un impegno diretto del Pdl nell'esecutivo, quindi. E una figura “di garanzia” al Quirinale. E' questa la linea di Silvio Berlusconi emersa durante la riunione dei gruppi parlamentari a Montecitorio. Altrimenti, voto subito. A giugno. E intanto – per tenere alta la tensione - quattro manifestazioni sulla scia della “piazza del Popolo delle Libertà” sabato scorso a Roma. Continua il pressing del Cavaliere, tornato da una giornata di relax in Sardegna con la fidanzata Francesca Pascale, su Bersani.Domani Alfano incontrerà il leader Pd e l’eventuale squadra va trovata entro Pasqua. Silvio ha mostrato di avere il polso della «sua gente» e di conseguenza la capacità di trattare da una posizione non certo di debolezza. Adesso aspetta di vedere cosa farà (e dirà) Bersani. Anche se sotto l’aut aut secco tra governo «forte» e urne a giugno, si agitano altri scenari. Residuali, certo, ma non impossibili. Riassume un deputato molto vicino al leader: «E se Bersani alla fine riuscisse a convincere un pugno di grillini? Se finisse con un governo di sinistra-sinistra? A quel punto noi saremmo tagliati fuori da tutti i giochi, all’opposizione di una legislatura decisa a farci molto male». È questo il timore inconfessato del Cavaliere. Che, in attesa di «vedere le carte» in mano al Pd, si tiene aperte tutte le porte. Comprese quelle di servizio.Nello scacchiere ci sono ancora caselle delicate da ricoprire: dal Copasir ai posti in Giunta per le Autorizzazioni. Quella che, nel caso, sarebbe competente ad esprimersi sull’«ineleggibilità» di Silvio.«Non possiamo lasciare questi incarichi al M5S» insistono molti esponenti azzurri. Ma il punto di ricaduta resta sempre lo stesso: un nome «condiviso e di garanzia» per il Quirinale (dato che Napolitano ha confermato per l’ennesima volta la sua intenzione di non prestarsi a bis). E Gianni Letta, desiderio antico, non passerà mai.Tra i nomi, dopo Marini e Amato, spuntano Mattarella e Castagnetti. L’ex premier vuole anche un governo «non ostile». Che cioè non metta all’ordine del giorno leggi sul conflitto di interessi, falso in bilancio e similari. Per questo Alfano vicepremier sarebbe quanto di meglio potrebbe capitargli. Anche se è è parecchio improbabile. Ecco perché, in questo quadro complessivo, e molto sottovoce, l’ipotesi di un sostegno dietro le quinte non è ancora sparita dal tavolo. Intanto, la riunione di stamattina dovrà mettere qualche punto fermo in un partito molto agitato. Nel Pdl, trascurato dal Cavaliere, c’è molto scontento.Il parafulmine è Renato Brunetta, capogruppo a Montecitorio non si sa fino a quando. «Si dà molto da fare, il problema è il carattere» riconosce una deputata. Per questo fatica a trovare un vice. Anche se alla fine dovrebbe essere la Gelmini. Di certo c’è una pattuglia femminile che sembrava destinata ad alti incarichi ed è rimasta a bocca asciutta: Santanché (mancata vicepresidente della Camera, fermata dalle “colombe” che le hanno prereferito Lupi). Carfagna (non in ottime relazioni con Brunetta), Biancofiore, De Girolamo. Anche al Senato c’è maretta: Schifani è altrettanto accentratore. La Vicari e la Bonfrisco sono rimaste fuori dall’ufficio di presidenza. Nitto Palma, escluso dalla vicepresidenza di Palazzo Madama, scalpita per la stessa carica in Giunta per le Autorizzazioni. Ruolo chiave. I gruppi piangono: oltre la “cura Brunetta” che ha tagliato i dipendenti, anche al Senato l’ipotesi di una «solidarietà» del 10-20% pare tramontata a favore di una riduzione dell’ organico. Ma nemmeno il partito ride: girano voci di un trasloco degli uffici da via dell’Umiltà previsto a fine aprile. Ancora ignota.                                                                                                 
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