martedì 30 ottobre 2012


LA SICILIA CAMBIA, SCEGLIE CROCETTA M5S PRIMO PARTITO, CROLLA IL PDL IL CANDIDATO DEL PD VINCE COL 30,5%. RECORD ASTENSIONI: 52%

Rosario Crocetta Pd (foto), vince le elezioni: sarà il presidente della Sicilia. 61 anni, vicepresidente della Commissione speciale Antimafia (Crim) dell’Ue, sotto scorta dal 2003, sostenuto da Pd-Udc, Api e Psi, ha ottenuto, a spoglio quasi ultimato, il 30,5% dei consensi. Vince lui e vince l’astensionismo, in una Regione dove solo il 47,4% degli elettori si reca alle urne mentre il resto dei siciliani diserta le urne e guarda dalla finestra lo sfaldamento di un intero sistema politico. Scenario: ora che succedera' in assemblea? Se la vittoria di Crocetta indica un radicale cambiamento, il dato sull’astensionismo denuncia un allarmante sfiducia verso la politica e i partiti che finora l’hanno interpretata. Crolla il Pdl, che si ferma al 12,6% del consensi, una frana irrecuperabile se si pensa a quel 61 a zero nei confronti del centrosinistra nel 2001 o a quel 66,6% di Raffaele Lombardo, nel 2008 con la coalizione che inglobava anche Mpa e Udc. Il Pdl allora viaggiava sul 33,5% e Berlusconi aveva qui la sua roccaforte. Un’altra era politica rispetto ad oggi, con il segretario Angelino Alfano che perde nella sua isola e perde ancor peggio nella sua Agrigento. Spopola Grillo con quel 14.7% che consacra il M5s primo partito dell’isola e spazza in un giorno i voti di Idv e Sel al punto da non fargli superare la soglia di sbarramento e bloccarli con quel 3% circa di consensi fuori dal Palazzo. Il Pd raccoglie il 13,6%, perde voti rispetto al 2008 ma nel dato non si può non considerare il fatto che Crocetta, del Pd, ha una sua propria lista e dunque qualche punto percentuale in meno è “fisiologico”. L’Udc raccoglie il 10,8% e fa dire a Pier Ferdinando Casini che alla luce di quanto emerge in Sicilia a livello nazionale occorre lavorare a «maggioranze solide». Erano dieci i candidati alla poltrona oltre Crocetta. I nomi più “pesanti” si portano dietro le sconfitte più cocenti: Nello Musumeci (Pdl, Pid e Ld), che ha preso il 25,5% dei voti; Gianfranco Miccichè (Fli, Pds-Mpa, Gs e Mps), con il 15,4%; Giovanna Marano (Fed, Sel, Verdi, Idv) con il 6%. Ride e parla di un «grande successo» Giancarlo Cancellieri, il grillino che approda nell’Ars con il 18%. Un quadro politico complesso quello che viene fuori dal laboratorio politico d’Italia a cui da Roma hanno sempre guardato con grande attenzione. Il dato politico è senza dubbio la vittoria di Crocetta, il primo politico di sinistra che arriva al governo della Sicilia, e sul quale ha puntato da subito l’Udc. Eppure, quella che il segretario Pd Pier Luigi Bersani, definisce «una vittoria storica» è una vittoria che non garantisce la maggioranza assoluta sui novanta seggi dell’Ars. Quando stiamo per mandare il giornale in stampa, infatti, questa la situazione con lo scrutinio relativo a 4717 sezioni su 5308: il Movimento 5 Stelle avrebbe 14 deputati; le liste collegate a Rosario Crocetta, conterebbero 30 deputati (14 il Pd, 5 Crocetta presidente, 11 l’Udc); quelle che appoggiano Musumeci 21 seggi ( Pdl 13, Musumeci presidente 4 seggi, Cantiere popolare 4 seggi); Miccichè 15 seggi (a Grande sud 5 seggi, 10 al Partito dei siciliani-Mpa). A questi 80 seggi andrebbero aggiunti gli 8 dei candidati nel listino del presidente vincitore, quello del presidente stesso e quello del candidato governatore arrivato secondo. Crocetta potrebbe dunque contare su 39 seggi su 90. E questo è il primo dato con cui il neo-governatore dovrà fare i conti. Per governare dovrà cercare il consenso tra i deputati che non lo hanno sostenuto alle elezioni. Crocetta garantisce che non ci saranno inciuci, che chiederà la maggioranza sui singoli provvedimenti e che se alla fine non sarà possibile governare è ai siciliani che chiederà di dargli un mandato pieno tornando alle urne. L’altro dato è la fine di un’epoca, il berlusconismo, che proprio in Sicilia aveva le sue fondamenta più solide, «la zona blu» l’ha sempre definita Ilvo Diamanti, cioè quella dove il centrodestra era più forte. Non c’è più adesso, malgrado Alfano definisca «straordinariamente positivo» quel 25% raccolto dal suo candidato. Tutta la politica, invece, dovrà fare i conti con un astensionismo, oltre il 52%, che non aveva mai raggiunto questi livelli dal dopoguerra ad oggi. L’astensione e il boom di Grillo - che arriverà in forze anche in Parlamento a Roma - sono il frutto di una crisi profonda che attraversa tutti i partiti. Se il Pd tiene e resta l’unica forza politica con il carattere del grande partito di massa tutti gli altri perdono consistenza mettendo sulle prossime elezioni politiche una pesantissima ipoteca.                                                           r.c.m.s.d.p.a.
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